La richiesta d'aiuto nell'epoca della sua riproducibilità tecnica
Nelle puntate precedenti: l’arte del non agire dei cinesi, le grandi potenze si incontrano in un hotel di Roma, la bozza di pace nel quarto round dei negoziati, road map per la fine delle misure anticovid.
Sigla
La proposta di Zelensky al Nobel per la Pace (solo ipotetica) fotografa bene i tempi che stiamo vivendo. È il capo di un paese in guerra che fino a una settimana fa chiedeva la no-fly zone sull’Ucraina, ovvero uno spazio aereo sorvegliato dalla Nato che se violato può attivare la risposta militare dell’alleanza atlantica (USA+Europa). In pratica chiedeva che per salvare il suo paese si desse a Putin il pretesto perfetto per scatenare la III guerra mondiale. Non che il pericolo sia scongiurato, anzi, ma il paradosso è evidente: chiedi (più) guerra, ti danno il Nobel per la pace.
Il secondo punctum1 di questa fotografia è la sua retorica. Ogni volta che Zelensky parla ai rappresentanti riuniti di una nazione utilizza il medesimo spartito, adattandolo ai casi. Agli americani ha citato l’11 settembre, ai tedeschi il muro di Berlino, ai francesi libertè-egalitè-fraternitè, al parlamento italiano incontrato (in videocall) questa settimana ha paragonato la distruzione di Mariupol con quella di Genova nel 1942. Può sembrare ridondante ma ci sta, credo sia una retorica non diversa da quella di ogni capo di Stato in quella situazione. Zelensky in più è bravo nell’eseguire la prassi: colpisce allo stomaco, prosegue ricordando che il suo popolo ha bisogno di sostegno militare, conclude con una richiesta specifica che attualmente è “dateci mezzi aerei per difenderci dai bombardamenti”. Il punto è che grazie ai media abbiamo sentito lo stesso discorso in tante salse diverse, il risultato è che ne è uscito depotenziato. I social, i meme, i servizi melensi dei tg amplificano il raggio d’azione della comunicazione ucraina, ma la svuotano di senso riempendola di mediocrità. I messaggi di Zelensky ai parlamenti sono un assemblaggio di luoghi comuni e riferimenti culturali pop, metafore tagliate con l’accetta. Zelensky dice all’Italia: "Don't be a resort for murderers", non siate un resort per gli assassini, riferendosi al fatto che l’Italia è meta di villeggiatura prediletta per i russi benestanti. Se uno può dire questo allora va bene anche il fuorionda rubato a Lucia Annunziata che dice degli ucraini: “un paese di badanti”. Luoghi comuni come segnali di disabitudine alla complessità. La guerra social impone di dire solo cose che siano facilmente traducibili da Google Translate.
D’altronde per quanto il discorso sia grezzo e dica sostanzialmente “non state facendo abbastanza per aiutarci”, i nostri si alzano in piedi e applaudono. Alla loro inettitudine. La missione è conclusa lì: dare alla vittima un megafono per gridare al mondo il suo bisogno d'aiuto. Poi il fatto che è proprio da loro che debba partire l'aiuto è del tutto secondario. Oltre al paradosso della pace armata la settimana scorsa riflettevamo sulla scelta dell’Europa di sostenere la guerra: alimentando la resistenza ucraina con le armi; dando soldi ai russi per la loro energia. Neanche a dirlo che questa settimana Putin ha dichiarato che il gas dovrà essere pagato in rubli, non più in valuta estera. Ciò significa che l’Europa, con un approvvigionamento di gas che dipende al 40% dalla Russia, fornirà alla loro economia un bel sollievo pagando l’energia con la moneta locale. Già dopo l’annuncio di Putin il rublo ha recuperato parte del suo valore, pur restando moneta pesantemente svalutata.
La nostra parte
Il più persuaso dalle parole di Zelensky al parlamento italiano è sembrato Mario Draghi. La posizione del premier nostrano è decisamente atlantista, cioè filo americana. Se il leader ucraino ha usato la solita formula Draghi ha osato di più dichiarando che “l’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione Europea”. Al tempo stesso i dissidenti da questa visione che vuole l’Italia fornire armi all’Ucraina e tornata lei stessa ad armarsi maggiormente (confermato il passaggio della spesa per la Difesa dall’1,4% al 2% - 38 miliardi di euro complessivi) sono davvero una minoranza.
La spinta atlantista del governo cozza un po’ con un recente passato vicino all’influenza russa. Innanzitutto questa settimana ha tenuto banco la storia di un yatch che sarebbe di Vladimir Putin e che è ormeggiato a Marina di Carrara. L’imbarcazione di chiama Sheherazade, come la principessa delle Mille e una notte, è lunga 140mt e vale circa 700 milioni di euro. È ferma nel porto per lavori di manutenzione, da qui l’invito di Zelensky a non essere il resort dei russi. Ma questa è una storia di colore, piuttosto l’Italia ora si sta rifacendo una verginità dopo che per tutta la durate dei governi Conte ha intessuto rapporti diplomatici con la Russia. Questa settimana proprio Conte è intervenuto davanti al Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) su una missione sanitaria russa in Italia avvenuta nel 2020, in epoca covid. L’ex premier ha detto che i medici arrivati da Mosca furono sempre vigilati dall’intelligence italiana. Poi c’è il caso del senatore leghista Paolo Tosato che è stato accusato di aver percepito soldi da un imprenditore russo per cercare di alleggerire le sanzioni contro il paese. In generale si infittisce l’aria di sospetto che aleggia sulle parti politiche, o in generale sui commentatori che hanno avuto trascorsi recenti con la Russia o non sono del tutto allineati con la linea del governo estremamente anti-putiniana.

Bonus: mi ha fatto molto sorridere la notizia di presunto cyberattacco ai sistemi di Ferrovie dello Stato che ha causato diversi disservizi. In una nota l’azienda ha dichiarato di non riuscire a risalire alla nazionalità dell’attacco, ma il TG1 ha già deciso che si tratta di hacker russi, ma non riconducibili al Cremilino (in pratica dei cani sciolti). Come dire: diamo la colpa ai russi ma senza muovere un’accusa formale.
Questione energia
Oltre allo sforzo diplomatico e l’invio delle armi l’Italia partecipa a questa guerra soprattutto con l’aumento del costo dell’energia. Per rispondere alla drammatica impennata dai prezzi in settimana il governo ha approvato una legge che taglia di 30 centesimi il costo a litro di diesel e benzina. Uno sconto che avrà validità fino al 21 aprile.
A livello più strutturale la decisione della Russia di accettare solo pagamenti in rubli mette ancora più in difficoltà l’Europa. Per Draghi si tratta di una chiara violazione degli accordi, e si studiano delle contromosse. Un nuovo canale di approvvigionamento sarà quello con gli USA per il loro gas liquido, tuttavia tutte le soluzioni in fase di valutazione non liberano il vecchio continente dalla dipendenza dalle condizioni russe.
Altre Notizie
I parlamentari che non volevano l’intervento di Zelensky al parlamento.
Il non matrimonio di Berlusconi.
Perché un sacco di gente è di nuovo positiva al covid.
Il Tweet

Italia ancora fuori dai mondiali. Mettiamola così: nel 2018 l’Italia ha deciso di disertare i mondiali in Russia (in anticipo sui tempi), poi salterà quelli in Qatar alla fine di quest’anno. Quest’ultima rassegna iridata è stata ampiamente contestata poiché per la costruzione degli stadi nell’emirato migliaia di operai hanno perso la vita a causa di condizioni lavorative improntate allo sfruttamento.
Sigla
Aspetto che salta all’occhio.