Pacifismi
Nelle puntate precedenti: le guerre che combattiamo dal divano, Europa e Usa inviano armi in supporto all’Ucraina, l’Onu bacchetta Putin (evvabbè), cessate il fuoco molto delicati, scintille sulla riforma del catasto, non toccate Dostoevskij.
Sigla
L’altro giorno ero a fare benzina. Accosto alla colonnina e il benzinaio, bassino in giubbottone giallo, mi chiede quanta miscela mettere. Dieci euro, dico. Allora lui si toglie la divisa dell’Eni e da sotto spunta un completo elegante. Prende in mano il bocchettone e versa il gasolio in un calice tirato fuori chissà da dove. Riempito mezzo bicchiere ne osserva il calore in controluce, lo agita, lo annusa, ne beve un sorsetto. Dopo esserselo passato da guancia a guancia lo sputa nel mio serbatoio, si volta e mi fa: “ottima scelta signore, questo è davvero un greggio d’annata”. Prende la banconota dalla mia mano e passa al prossimo.
Ok, non sarà andata proprio così, ma insomma. Questa settimana il costo delle materie prime ha ritoccato record storici, è il nostro prezzo da pagare per essere parte di questa guerra. A questo punto un sussulto come di fronte alla colonnina del diesel a 2,33€/litro: siamo in guerra?!! Come dicevo la settimana scorsa rispetto all’essere spettatori inermi nonché guerrieri da divano, non è semplice capire il nostro ruolo in questo conflitto, non è facile comprendere se ne facciamo parte e in che modo. Di sicuro vorremmo tutti vederne la fine, ma non siamo d’accordo sul come. Essere per la pace è un concetto astratto, essere pacifisti no. Per i pacifisti l’unica soluzione è il disarmo, cioè la diminuzione graduale delle armi in possesso dei rispettivi schieramenti. Da una parte è facile contestare questo pensiero ritenendolo inattuabile. Infatti il governo italiano ha fatto l’esatto contrario: inviato armi agli Ucraini. La domanda difficile è: quale sarebbe lo scopo di questa mossa? 1) Far vincere la guerra all’Ucraina, che è una prospettiva impossibile; 2) Dichiarare guerra alla Russia, e tutti i leader occidentali si sono affannati a dire che non è così; 3) Prolungare la resistenza dell’Ucraina sperando di aumentarne il potere negoziale nelle future trattative col nemico. Questa opzione, che ovviamente è l’unica plausibile, punta alla pace passando per l’inasprimento del conflitto e sulla pelle dei civili. Punta alla pace passando per la guerra.

Si tratta di uno dei paradossi più nocivi della contemporaneità: assicurare l’equilibrio mondiale attraverso una distribuzione complementare delle testate nucleari. La Russia ne ha un tot, gli USA ne hanno un tot più o meno uguale e su questo possiamo stare certi che uno non sia interessato a pestare la coda all’altro. Poi il fatto che ciclicamente entrino in conflitto con questo o quel paese di cui più o meno ci interessa poco o pochissimo è un effetto collaterale. Se ci si ferma un attimo a pensare a questo paradosso che sa di ovvietà, di cosa detta e stradetta, si capisce che non sono i pacifisti a essere degli ingenui sognatori ma è il mondo a essere irrimediabilmente deviato. E torniamo alle armi in Ucraina. Le abbiamo inviate incrociando le dita e sperando che l’esercito locale continui a far penare quello russo, mentre attendiamo che le sanzioni economiche facciano il loro dovere. Pare che l’economia russa stia colando a picco, che “il rublo valga meno di un centesimo di dollaro” (parole dette dal presidente americano Biden), che prima o poi Putin sarà costretto a cercare un accordo di pace. Questa è la prospettiva a cui siamo aggrappati.
Diciamoci però come stanno le cose: questo conflitto tra la Russia e l’occidente sta accelerando il processo di emancipazione delle altre potenze fuori da questo binomio, quindi soprattutto l’Asia. Esiste una parte di mondo con cui la Russia è già ampiamente in contatto, un mercato che potrebbe tenerla a galla per anni; al netto di tutte le sanzioni abbiamo lasciato alla Russia la possibilità di guadagnare con la vendita delle sue materie prime (petrolio, gas, grano…) perché l’Europa ne è dipendente. Colpire la Russia in tal senso significa colpire noi stessi, non colpire la Russia in tal senso significa prolungare la resistenza della Russia. Quindi allo stesso tempo prolunghiamo la resistenza dell’Ucraina con le armi e quella della Russia con i soldi, a proposito di paradossi.
Ve la butto lì: noi siamo in guerra ma contro noi stessi. Pensate alla follia di cominciare a far girare la voce che “bisogna cominciare a usare meno gas” per non favorire il nemico. Scaricare sul singolo consumatore il peso di una decisione presa a metà. Qualcuno vada in diretta a reti unificate e lo dica chiaramente: “la materia prima è aumentata e andrà avanti così. Dobbiamo salvaguardare la produzione industriale e la fascia di popolazione più povera. Per tutti gli altri saranno lacrime e sangue”. E poi si fa quel che si deve fare, ovvero chiudere l’approvvigionamento dalla Russia (senza attendere che sia Putin a farlo) e tutti a lavoro in bicicletta.

Bollettino di guerra
La settimana è stata negativamente caratterizzata dalle diverse violazioni di “cessate il fuoco” da parte dell’esercito russo che hanno portato a un aumento delle vittime tra i civili. L’idea originale di Putin doveva essere quella di una guerra lampo, che a quest’ora doveva essere già conclusa. Invece è diventata una guerra di logoramento, l’aspetto peggiore è che le vittime tra i civili (secondo l’ultimo aggiornamento ONU siamo a 406 morti e 801 feriti, ma il numero è sicuramente sottostimato) non sono un effetto collaterale del conflitto, ma in alcuni casi il vero obiettivo. In altre parole si spara sulla gente per spingere il governo ucraino alla resa, pensiamo alle evacuazioni interrotte dai colpi di mortaio sui civili in fuga o alle bombe sul reparto di pediatria dell’ospedale di Mariupol1.
Le trattative intanto si inaspriscono. La Russia ha inserito USA e i paesi dell’Unione Europea nella lista dei paesi ostili e promulgato una legge che condanna a 15 anni di carcere chi contesta la scelta di fare la guerra all’Ucraina. Da parte loro gli americani hanno bloccato l’approvvigionamento di petrolio russo (che rappresentava l’11% del loro fabbisogno2). L’Ucraina continua a cercare assistenza sullo scenario internazionale, una possibilità sembra essere quella dell’ingresso nell’Unione Europea senza entrare anche nella NATO3, ma in questo caso i tempi della diplomazia sono ancora molto, troppo lunghi.
Intanto siamo arrivati a 4 incontri diplomatici, l’ultimo dei quali tra i ministri degli esteri dei due paesi (tenutosi in Turchia). Anche questo ovviamente si è concluso con un nulla di fatto. La principale condizione della Russia per la fine del conflitto è la resa dell’Ucraina. Ma se ciò dovesse avvenire l’Ucraina accetterebbe di cambiare governo eleggendo un esecutivo gradito a Mosca, diventando uno Stato marionetta della Russia (come, ad esempio, è la Bielorussia). Questo per rispondere alla domanda: perché Zelensky, il premier ucraino, non si arrende? Perché non è una roba che riguarda lui personalmente ma la sovranità dell’Ucraina nelle proprie scelte politiche.
Affari italiani
Tornando alle nostre vicissitudini il lavoro del governo continua a risentire di un parlamento spaccato a metà. I partiti di maggioranza infatti sono divisi sulle principali questioni di cui si sta discutendo. In primis il decreto sulla concorrenza, una legge che nasce per attuare le direttive europee in materia di concessioni dei beni pubblici (la cosiddetta “direttiva Bolkestein”). Il nodo principale riguarda le concessioni balneari. Il disegno di legge, che è stato approvato dal Consiglio dei ministri, prevende la messa a gara dei nuovi bandi dal primo gennaio 2024. La faccio semplice: tu hai un lido in gestione, hai una concessione da 15 anni e non avendo concorrenza paghi un prezzo molto favorevole rispetto ai tuoi guadagni. Con la nuova legge devi partecipare a una gara pubblica e adeguarti all’offerta della concorrenza, finendo sicuramente per ridurre i tuoi guadagni. La discussione per ora verte sullo strutturare degli aiuti paracadute (cioè di sussistenza) per coloro che saranno danneggiati inizialmente da questo cambiamento. I balneari ovviamente si oppongono e stanno trovando voce nel centrodestra.
Poi c’è il tema catasto, su cui la discussione è ferma a quanto ci dicevamo una settimana fa. Poi c’è la proposta di legge sulla morte volontaria medicalmente assistita. Qualche settimana fa parlavamo di referendum respinti dalla Corte Costituzionale, ovvero quelli su Eutanasia e Cannabis. Per quello sull’Eutanasia era già stato chiesto al parlamento (dalla stessa Core Costituzionale) di legiferare sul tema, ritenuto quindi di grande attualità. Finalmente si sta discutendo in aula di una legge in materia. L’ultima proposta è stata votata in settimana alla Camera, 253 voti a favore, 117 contrari e un'astensione. Cosa prevede?
Per morte volontaria medicalmente assistita si intende "il decesso cagionato da un atto autonomo, con il quale si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale". L'atto "deve essere il risultato di una volontà attuale, libera e consapevole di un soggetto pienamente capace di intendere e di volere". (da adnkronos)
Le associazione che hanno sostenuto il referendum sull’eutanasia contestano il fatto che la legge si rivolgerebbe solo alle persone che sono ancora in grado di intendere e di volere, escludendo coloro che invece non lo sono. Il rischio comunque è che al Senato, dove gli equilibri della maggioranza sono delicatissimi, la legge possa fare la fine del DDL Zan.
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Il Tweet

Questa è l’impressione sulla zona est dell’Ucraina, quella che dovrebbe essere più filorussa, di un giornalista che è appena tornato da lì dopo 20 giorni. Fa parte di una lettura di tweet più ampia4 molto interessante.
Sigla
città strategicamente importante, che affaccia sul Mar Nero e che sta proprio in mezzo tra Crimea e Donbas, regioni filorusse. La Crimea è stata annessa nel 2014, il Donbas è attualmente una delle regioni dove ci sono più scontri tra i due eserciti. L’obiettivo russo è quello di conquistare anche i territori che stanno nel mezzo (e che danno sul mare), tra cui la città di Mariupol.
Per i paesi europei il petrolio russo rappresenta il 27% del fabbisogno, altre materia prima per cui siamo dipendenti da Mosca.
Se ciò accadesse porterebbe subito al termine del conflitto, a meno che la Russia non decida di attaccare il suolo europeo e scatenare la terza guerra mondiale.
un thread, per i non boomer.