Vittoria piena, sconfitta pure
Nelle puntate precedenti: scegliere per chi votare ma senza ansia, scenari pre elettorali, cosa bisogna fare dopo il voto? Come si mette la X sulla scheda, i riflessi ancora non c’è male di Berlusconi.
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É andata, ci siamo messi alle spalle anche queste elezioni, davanti abbiamo i soliti dubbi e qualche certezza in più. La prima è che avremo un governo di destra, attenzione non di centrodestra ma proprio di destra-destra, e che a guidarlo sarà Giorgia Meloni. A scrutini chiusi Fratelli d’Italia ha preso oltre 7,3 milioni di voti, quasi 5,9 milioni in più rispetto a quelli del 2018, il 26% del totale. Si tratta del primo partito italiano per distacco.
La Meloni gioisce, dunque, per un risultato che fino a qualche anno fa sembrava impensabile. Questo sarà il governo più a destra dai tempi del ventennio, non era scontato che accadesse. Chiaramente questo voto è figlio soprattutto di quell’andazzo che ormai premia sempre chi è stato all’opposizione, quasi senza altra logica che non sia la protesta a ciò che ha fatto chi ha governato. Ma è addirittura più complesso di così: si pensi alle statistiche sul gradimento di Mario Draghi di pochi mesi fa, erano buone (il 57% degli intervistati si diceva contento di averlo come premier); tra quelli che avranno applaudito Draghi ci sarà sicuramente chi poi ha votato Meloni. Lo stesso Paese un giorno segue lo statista dell’anno e quello dopo elegge un partito di estrema destra. Questo non è fascismo, è confusione.
Altro dato, l’astensionismo. Circa il 36% degli aventi diritto non ha votato, record storico, oltre il 10% peggio rispetto alle ultime elezioni. Si tratta di circa 18 milioni di persone che non hanno voluto esprimersi, sono 10 milioni in più dei voti che ha preso la Meloni. Di questo passo i governi che eleggeremo in futuro saranno del tutto sconnessi dalla rappresentanza popolare, discorso che in parte vale anche per questo appena scelto. In merito all’astensionismo va tenuto conto delle condizioni sfavorevoli nelle quali vengono messi i fuori sede e tutti coloro lontani dalla residenza, le difficoltà nella raccolta dei voti degli italiani all’estero, la necessità di estendere ancora di più il diritto di voto. Ma anche, mia umilissima opinione, il fatto che a molti interessi poco o nulla di qualsivoglia questione legata alla vita pubblica. Ciò è triste, fa venire voglia di gridare a chiunque si lamenti della politica “scusa ma tu hai votato?” facendo perdere il diritto di parola a chiunque non abbia timbrato la tessera elettorale. Purtroppo è anche scontato se per due mesi è andata in scena una campagna elettorale ridicola, senza contenuti, priva di ogni attrattiva.

Chi ride, chi piange
La coalizione di destra ha ottenuto il 44% dei voti contro il 26% del centrosinistra e il 15% del M5S, e avrà una larga maggioranza per governare, fra il 57-58% dei seggi in parlamento. Quindi non è stato raggiunto l’obiettivo dei due terzi dei parlamentari per poter ritoccare la Costituzione senza passare dai referendum.
Nel centrodestra il partito trainante è stato quello della Meloni, la Lega si è fermata all'8,7%, Forza Italia all'8,1%, Noi Moderati allo 0,9%. Giorgia Meloni ha quindi conquistato la leadership chiarissima dell’alleanza, ma questo governo dipenderà sempre dalla fedeltà di Salvini e Berlusconi che hanno i numeri per farlo, e difficilmente succederà, cadere.
Nel centrosinistra il PD ha preso il 19% (sconfitta clamorosa, Letta si è già fatto da parte), Sinistra Italiana e Verdi il 3,6%, fuori dal parlamento +Europa di Emma Bonino e il partitino di Di Maio. Bene, rispetto alle attese, il Movimento 5 Stelle al 15,4%. Benino il terzo polo di Renzi e Calenda poco sotto l’8%. In questo parlamento di saranno anche due deputati di Sud chiama Nord, un nuovo soggetto politico recentemente fondato dall’ex sindaco di Messina (lettura consigliata). Questa, in breve, la composizione del prossimo parlamento:

Nel prossimo parlamento ci saranno meno donne. Ne sono state elette 186, esattamente il 31 per cento rispetto al totale dei parlamentari, 600. I parlamentari uomini saranno invece 414. Nella legislatura uscente le donne erano state 334 su 945, pari al 35,3 per cento, la quota più alta nella storia. È la prima volta da vent'anni che la percentuale cala da una legislatura all'altra. Fra i partiti più grandi soltanto il M5S e Azione-Italia Viva si avvicinano a una parità di rappresentanza: i partiti più lontani sono Fratelli d'Italia e il Partito Democratico.
Per chi desidera un report moooolto più dettaglio ecco quello redatto da YouTrend.
Statura da premier
Giorgia Meloni non ha ancora rilasciato alcuna intervista, da che ne faceva a iosa. Ci sta, ora il suo profilo dovrà risultare meno raggiungibile e, soprattutto, più istituzionale. La prima grande sfida riguarderà la scelta dei ministri, il 13 ottobre verranno convocate per la prima volta le camere.
Nonostante abbia passato gli ultimi due anni all’opposizione ora il dialogo con Draghi è obbligatorio. Bisogna infatti considerare le molteplici questioni di avvicendamento e il fatto che questo avvenga in un periodo davvero caotico. Un esempio su tutti è il fatto che il governo Draghi abbia approvato in settimana una parte della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF), cioè la bozza della legge di bilancio per definire spese e investimenti pubblici per il 2023. Il documento non dovrebbe contenere misure di natura politica poiché quelle spetteranno al prossimo governo. L’Europa sarà elastica sui tempi, ma l’esecutivo di Meloni avrà comunque pochissimo tempo per redigere un piano molto delicato. Si consideri che nel documento approvato si prevede una crescita dell’economia per il prossimo anno dello 0,6%, ad aprile invece si prevedeva un +2,4%, segno che le cose non stanno andando benissimo.
Secondo il quotidiano la Repubblica Draghi si sarebbe speso in favore della Meloni tra i leader europei soprattutto rispetto alla volontà di operare in chiave anti-Russia. Draghi ha poi smentito queste affermazioni. Ancora peggio: il quotidiano la Stampa lancia la notizia di un virgolettato della Meloni che dice (parafrasando) “niente Salvini al ministero degli Interni, è filo-russo”. Anche questa notizia è stata smentita. Questo per sottolineare che le notizie degli ultimi giorni vanno prese un po’ con le pinze, in particolare quelle che ipotizzano la composizione del prossimo governo.

Chiudiamo con una nota sulla sconfitta del PD che ha portato il segretario Letta ad annunciare un nuovo congresso del partito. In questa occasione si eleggerà un nuovo capo politico, per il momento (è davvero troppo presto) sul tavolo ci sono i nomi di Stefano Bonaccini (governatore dell’Emilia Romagna) e della deputata Paola De Micheli. In pratica la prima risposta del partito è stata quella di affidarsi subito al vecchio schema del cambiamento veloce, ma apparente. Servirà molto di più, manco a dirlo.
Tra le principali colpe affibbiate a Letta c’è quella di aver chiuso troppo presto a un’alleanza elettorale con il Movimento 5 Stelle. Infatti se i due partiti si fossero presentati insieme avrebbero vinto l’80% dei seggi uninominali, e oggi staremmo raccontando una storia molto diversa. Certo se fosse andata così probabilmente oggi ci troveremmo di fronte a un nuovo scenario di ingovernabilità, con la riproposizione del rapporto di difficile equilibro tra i due partiti. Sarebbe stato comunque meglio di un governo forte di destra? A ognuno la propria risposta.
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Ha fatto abbastanza discutere (almeno su Twitter) questa tabella pubblicata dal deputato Marattin (Italia Viva) che mostra il parallelismo tra i riceventi del Reddito di Cittadinanza e chi ha votato Movimento 5 Stelle. La tabella è stata criticata innanzitutto per una questione di forma, visto che tecnicamente è fatta male. Soprattutto si evince che lo scopo è dimostrare che il M5S abbia conquistato i suoi voti con questa sorta di do ut des, per non dire voto di scambio. Eppure non dovrebbe essere una stranezza votare per il partito che dà più garanzie di vantaggi per la propria vita (in questo caso un vero e proprio sussidio). Un'ovvietà in quest’era post ideologica, a quanto pare non per tutti.
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