Dint' a sta cella
Nelle puntate precedenti: tra dieci giorni si vota nel Lazio e in Lombardia, gli alleati hanno deciso di inviare carri armati in Ucraina, l’Italia lavora per diventare la porta europea per l’energia dei paesi nordafricani, governo diviso sulle intercettazioni.
Sigla
Quando ripeto di numero in numero che questo governo “può farsi male solo da sé” non sottintendo esclusivamente l’incapacità di incidere dei partiti all’opposizione, ma anche l’abilità della destra di mettersi all’angolo da sola. Intendiamoci, i problemi del governo Meloni non sono riconducibili a una vena autolesionista in stile Partito Democratico, la quale a sua volta ricorda una sorta di Seppuku giapponese con la non banale differenza che l’autore del colpo auto-inferto non muore mai. La prassi dell’esecutivo meloniano, almeno per il poco visto in questi primi mesi, ricorda piuttosto l’inesperienza al potere del primo Movimento 5 Stelle, che è più simile a un bambino che infila da solo il bastone nella ruota della bici mentre sta pedalando.
Mi riferisco, in modo criptico e con utilizzo barocco di metafore inopportune, all’intervento in aula del deputato Giovanni Donzelli di martedì (31/1). Nell’intento di commentare il caso Cospito il deputato avrebbe rivelato il contenuto di documenti riservati, il che è grave per lui che ricopre anche il ruolo di vicepresidente del Copasir, un organo parlamentare che controlla e verifica le attività dei servizi segreti. Ma prima di arrivare a questo dobbiamo riavvolgere il nastro e cominciare dalla storia del detenuto Alfredo Cospito.
A cerchiata
Da qualche tempo su alcuni muri delle grandi città sono apparse scritte come “Alfredo libero dal 41bis”. La mia impressione è che per 2 mesi abbondanti questa storia sia rimasti nell’ambito stretto degli addetti ai lavori e degli ambienti più interessati alla questione. Nelle ultime due settimane invece il nome di Alfredo Cospito è rimbalzato dai muri alle scalette di tutti i tg nazionali.
Cospito è un detenuto anarchico di 55 anni che il 20 ottobre 2022 ha cominciato uno sciopero della fame che ancora persevera. Fino a pochi giorni fa si trovava nel carcere di Sassari dove aveva già scontato 10 anni di reclusione, questa settimana invece è stato trasferito al carcere di Opera (Milano) a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute.
La protesta di Cospito è cominciata per due motivi: da maggio 2022 è sottoposto a regime di 41bis, ovvero il carcere duro cui solamente sono sottoposti i mafiosi e che vieta la comunicazione con l’esterno; dopodiché la Cassazione ha disposto per lui la detenzione ostativa, che lo priva di alcuni benefici penitenziari (quali per esempio la sospensione dell'esecuzione della pena, l'affidamento in prova ai servizi sociali, ancora altre misure alternative alla detenzione). In sintesi il trattamento disposto (dall’ex ministro della Giustizia Marta Cartabia, governo Draghi) è quello che di norma viene riservato ai vertici delle organizzazioni mafiose. Non solo: è un trattamento che non contempla alcuna possibilità di ravvedimento da parte del detenuto che viene semplicemente cancellato dalla società (e ciò viene da tempo contestato dagli organi di competenza a livello europeo).
Se ciò rappresenta una prassi (contestata, ma pur sempre prassi) nel trattamento detentivo di associati alla criminalità organizzata, nel caso Cospito ci troviamo di fronte a un unicum: è il primo anarchico nella storia della Repubblica ad aver ricevuto questo tipo di trattamento detentivo. Cospito però rinnega di avere il ruolo di capo dell’organizzazione politica di stampo anarchico cui afferisce (che anzi, specifica, non ha figure apicali trattandosi, appunto, di un gruppo anarchico). Da qui la decisione che ha mosso la sua protesta.
Perché Alfredo Cospito è in carcere
Cospito è stato processato e condannato per due attentati da lui compiuti e rivendicati. Il primo riguarda l’esplosione di due ordigni a basso potenziale presso la scuola di carabinieri di Fossano (Cuneo) nel 2006. Non ci sono stati morti o feriti (secondo la versione di Cospito l’azione era un atto dimostrativo e senza scopo lesivo), ma l’atto è stato processato come tentata strage e a Cospito è stata inflitta inizialmente una pena di 20 anni. L’ultima parola della Cassazione ha però qualificato l’episodio come attentato alla sicurezza dello Stato, pena ergastolo. La seconda condanna riguarda il ferimento (gambizzazione) dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, avvenuto nel 2012 a Genova. Condanna: 10 anni e 8 mesi.
Perché il 41bis
La decisione sul carcere duro è dipesa dalla pubblicazione di alcuni scritti del detenuto pubblicati su riviste online (afferenti all’area politica di riferimento). In questi articoli Cospito sostanzialmente rivendica la violenza come metodo di lotta. Sono quindi stati interpretati dai giudici come prova del suo ruolo apicale all’interno della sua organizzazione, dunque potenzialmente d’ispirazione per nuove azioni di violenza.
Qui bisogna riflettere sul senso del 41bis, ovvero uno strumento introdotto per impedire ai mafiosi di comunicare con l’esterno (impartire ordini). Cospito non ha cercato di comunicare coi suoi in modo clandestino ma, anzi, ha sempre firmato i suoi scritti e rivendicato le sue idee, veicolate all’esterno attraverso i canali ufficiali di cui godono tutti i detenuti (tranne, appunto, quelli sottoposti a regime di carcere duro). Per cui si contesta ai giudici l’aver adottato una sorta di estensione del 41bis nei confronti di Cospito, in luogo di quella che poteva essere una decisione più morbida: censurare la corrispondenza del detenuto senza toccare i benefici penitenziari.
Le proteste
Per Cospito ci sono già state diversi mobilitazioni di parti politiche, intellettuali, attivisti per i diritti umani, ma soprattutto da parte dei militanti. Le azioni di questi ultimi, riferendomi in particolare a quelle rivendicate da gruppi di area anarchica, sono quelle che hanno fatto più notizia. Il primo episodio è avvenuto l’8 dicembre scorso quando un gruppo di anarchici greci ha dato fuoco all’auto di Susanna Schlein, prima consigliera dell’ambasciata italiana ad Atene (e sorella della candidata alla segreteria del Pd Elly Schlein). La stessa cosa è successa a Berlino lo scorso weekend (presa di mira la macchina del primo consigliere dell’ambasciata italiana) mentre a Barcellona è stata sfondata la vetrata del palazzo del consolato generale e imbrattata una parete dell'ingresso (con la scritta in catalano “Cospito libero”). Poi ci sono le svariate azioni nelle grandi città italiane e le tante manifestazioni che si stanno svolgendo in questi giorni e per le quali gradualmente cresce lo stato di allerta.
Sulle proteste va fatto un distinguo. Chi scende in piazza non lo fa, a mio vedere, espressamente per Cospito e la sua visione politica anti-stato, bensì per sostenere la sua protesta contro un regime carcerario che sa di vessazione politica. Nel momento in cui si applica a un anarchico ciò che “normalmente” si applica ai capi della mafia si crea un precedente: oggi all’anarchico, domani chissà. Ciò al netto del fatto che l’accoppiata 41bis - ergastolo ostativo è nettamente contraria al principio ideale della detenzione, ovvero recuperare il reo. Ma su questo, si sa, in Italia esistono sensibilità molto diverse.
Le azioni dimostrative (i vari attacchi alle istituzioni) sono invece un’altra storia. Queste innanzitutto sono state segnalate dal ministro della Giustizia Carlo Nordio come la prova che Cospito è una figura apicale di quella galassia politica. Quindi da una parte sono azioni peggiorative per la posizione di Cospito, dall’altra però spingono in prima pagina il suo caso e creano l’impellenza di un dibattito. La questione tempo, inutile dirlo, è fondamentale considerato che il detenuto ha superato i 100 giorni senza mangiare e pare abbia perso oltre 45 kg.
Mi permetto di dire che sono peggiorative anche sul piano dell’opinione pubblica. Non è facile empatizzare per le condizioni, ma più in generale per i diritti di un detenuto che ha rivendicato i propri reati e per cui altri reati vengono fatti “in suo nome”. Serve uno spirito da radicali.
Caso Donzelli
Mentre era ancora al carcere di Sassari 4 deputati del PD (tra cui l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando) sono andati a sincerarsi delle condizioni di Cospito. Da premettere che l’accoglienza del detenuto è stata questa: “prima parlate con tutti gli altri al 41bis, poi se volete parlate con me”. Perché Cospito crede nell’uguaglianza tra tutti i detenuti al carcere duro, infatti ne chiede l’abolizione per tutti e non solo per sé.
Questo episodio è stato citato in un discorso alla Camera dal deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. La sua tesi, grave e da dimostrare, è che Cospito stia ricevendo collaborazione dalla criminalità organizzata per raggiungere lo scopo comune, ovvero l’abolizione del 41bis. Al termine del discorso cita la visita dei 4 del PD, concludendo con un sillogismo elementare, puerile, perfetto per il peggior elettorato di destra (scusatemi eh): se Cospito è amico della mafia e il PD va a trovare Cospito, il PD è amico della mafia. In 5 minuti di discorso c’è materiale per una quindicina di querele.
Oltre al panico in aula scatenato da queste dichiarazioni, si nota che Donzelli ha citato testualmente dei dialoghi tra Cospito e altri detenuti al 41bis. Dialoghi che evidentemente rappresentano materiale secretato. Donzelli in un primo momento ha dichiarato che la trascrizione di quelle conversazioni l’ha presa al ministero della Giustizia e che, sostanzialmente, può essere recuperata da qualsiasi parlamentare (affermazione smentita dallo stesso ministero). La spiegazione più probabile è che quei documenti arrivino dal DAP, Dipartimento amministrazione penitenziaria, di cui è sottosegretario Andrea Delmastro: anche lui membro di Fratelli d’Italia e, pare, coinquilino di Donzelli. Dico coinquilino perché ai due viene intestata la condivisione di un appartamento a Roma, quindi senza scendere nel dettaglio si può dire pacificamente che i due sono in ottimi rapporti.
Per ora l’ipotesi più plausibile è che queste trascrizioni di conversazioni tra detenuti fossero in un primo momento secretate, poi declassificate per permetterne l’invio via mail (visto l’urgenza dei tempi) tra i vari uffici del ministero della Giustizia. Questa è anche la versione del ministro Nordio, che l’ha messa così: i documenti citati in Parlamento dal deputato di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli "non rientrerebbero nella disciplina degli atti classificati", ma sarebbero solo sottoposti a "divulgazione limitata". Immagino dunque la gioia di Nordio nel sentire quelle conversazioni declamate pubblicamente in seduta parlamentare.
Chi è senza peccato
Mettendo da parte la poca astuzia di Donzelli, che passerà il weekend a riflettere sull’adagio “chi si fa i fatti suoi ecc ecc”, colpisce l’intervento dell’ex ministro Orlando (PD) subito dopo quello del deputato di FdI: “È la prima volta in questa Aula che un parlamentare che visita un carcere è associato ai reati per i quali ha visitato i detenuti”. D’altronde basterebbe ricordare il via vai dei politici di destra a colloquio con l’amico Marcello Dell’Utri, lui sì condannato per concorso esterno in associazione mafiosa (Qui parlavamo di quando venne pubblicata una pagina di giornale per fargli gli auguri in occasione dell’80esimo compleanno). Ma, continuando a far funzionare la memoria, bisogna anche ricordare quando lo stesso Orlando, all’epoca ministro, non concesse l’uscita dal 41bis al boss Bernardo Provenzano, che era diventato una sorta di vegetale e che è morto in regime di isolamento.
Tutto questo per dire che si parla di una questione estremamente complicata, che mette insieme giurisprudenza, etica, senso comune e altri temi ancora. Come finirà questa storia non è facile da predire. Non credo sia realistico che il 41bis possa essere cancellato, peraltro dopo la cattura di un boss che ha vissuto 30 anni latitante sotto il naso dello Stato. Lo stesso Stato che non può lasciar morire Cospito ma nemmeno può alimentarlo a forza, almeno non finché il detenuto sarà senziente. Lo Stato che non tratta per non mostrarsi debole, ma che nella mediazione potrebbe in realtà palesare la sua forza (qui ci sono scuole di pensiero diametralmente opposte). Per il momento è arrivato un anticipo della prossima udienza in Cassazione al 24 febbraio, che vista la situazione sembra comunque tra un’eternità.
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Il Tweet
Quando parlo di opinione pubblica, ecco. Nel giro di un paio di settimane abbiamo scoperto di vivere in un paese di anarchici pronti a destabilizzare l’ordine democratico. Mi ricorda quando questo paese era in balia degli organizzatori di rave.