Chi come lui?
Nelle puntate precedenti: ricapitolone di inizio anno, come funziona l’obbligo di vaccino per gli over 50, la riforma del fisco nella nuova legge di bilancio, una polemichetta su Geronimo Stilton.
Sigla
Nel 1992, esattamente 30 anni fa, il mondo della politica italiana fece conoscenza con la parola “catafalchi”. L’occasione era quella dell'elezione del presidente della Repubblica agli albori della XI legislatura. In parlamento era arrivata per la prima volta la Lega Nord di Umberto Bossi, segno che l’era dei vecchi partiti giungeva al termine. La situazione ingestibile causò in modo repentino le dimissioni di Francesco Cossiga dal ruolo di presidente della Repubblica, e così si arrivò alle votazioni. Era la fine della prima Repubblica e della lunga stagione della Democrazia Cristiana al potere. Il sovvertimento degli equilibri influenzò anche l’elezione del nuovo presidente. Le prime quattro votazioni diedero esito a un nulla di fatto. Nella quinta e la sesta furono trovate nelle urne più schede di quello che era il numero dei votanti, un broglio strumentale ad annullare l’esito di quelle tornate, qualora un nome non gradito avesse raggiunto il numero di voti necessari per essere eletto. A quel punto l’allora presidente della Camera Oscar Luigi Scalfaro fece costruire queste teche di legno scuro con pesanti tende porpora di velcro per evitare ulteriori sorprese assicurando la segretezza del voto. Furono definite “catafalchi”, non si sa bene da chi e perché. Una struttura in legno oggettivamente brutta, a tratti funerea, qualche parlamentare dell’epoca riteneva che passarci sotto portasse sfortuna.
In mezzo a quelle turbolenti elezioni del 1992 avvenne anche la strage di Capaci dove perse la vita il giudice Giovanni Falcone e tutti gli uomini della sua scorta. Immediatamente si avvertì la necessità di dare una parvenza di stabilità al paese, così nella votazione successiva, la sedicesima (!), fu eletto a maggioranza proprio Scalfaro. Storia di un’altra epoca (raccontata egregiamente in questa puntata del podcast Romanzo Quirinale di Marco Damilano). Nonostante l’introduzione dei catafalchi non avesse destato alcun entusiasmo, verranno riutilizzati in tutte le elezioni successive. Tutte meno che nella prossima, a toglierli di mezzo ci ha pensato il covid. Impossibili da igienizzare ogni volta, le nuove regole per l’elezione del presidente ne introdurranno una versione più “ariosa”, ne scopriremo il design quando sarà. E restando in tema di cose vecchie che ritornano ciclicamente assumendo un’estetica diversa, andiamo a parlare di Silvio Berlusconi.
Kingmaker
È ufficiale: Silvio Berlusconi è il candidato del centrodestra alla presidenza della Repubblica. Dopo una riunione tra tutti i leader tenutasi di venerdì, e proprio a Villa Grande che è la nuova residenza romana di Berlusconi, questo è stato l’esito.
A inizio settimana Berlusconi è arrivato a Roma per tessere la sua rete di contatti e guadagnare i voti di quanti più parlamentari è possibile. La strategia dello scoiattolo, come lui stessa l’ha definita 🐿. La domanda che bisognava porsi un paio di mesi fa era: la candidatura di B è davvero seria? A questo punto bisogna dire sì, serissima. E quindi una questione ancora più importante: B può diventare presidente della Repubblica? Io continuo a pensare di no.
Nelle prime tre votazioni per il presidente della Repubblica occorrono 672 voti per eleggere un nome, e nessuno schieramento vanta questi numeri. In questa fase solitamente accade questo: i partiti “bruciano” i nomi. Esempio: Il leader del partito di maggioranza propone un nome valido, si cerca di capire se ci sono i numeri per farlo eleggere, alla fine il nome non riesce a ottenere i voti necessari (anzi ne ottiene sempre meno di votazione in votazione) e quindi la candidatura perde forza e quel nome è “bruciato”. Così non solo si danneggia il candidato ma anche il leader che lo ha proposto. Attualmente in Italia non c’è un vero e proprio partito di maggioranza, e infatti nessun partito si è esposto candidando un nome importante. L’eccezione è Forza Italia che ha candidato fin da subito Berlusconi, che ora è il candidato di tutta la coalizione.
Attenzione però: può darsi che l’ex premier venga votato dalla coalizione di centrodestra fino alla terza tornata (entro la quale sicuramente nessuno può vincere) per poi essere tradito alla quarta. Oppure vincerà, non ci sono alternative. Ciò dipende molto da quanti voti B saprà raccogliere in questi giorni: se già dalle prime votazioni starà sui 505 voti, la quota per vincere al quarto turno, allora sarà praticamente impossibile per Salvini e Meloni proporre un altro candidato al posto di B. Ricapitolando: Berlusconi ha lanciato la sua campagna quando di solito, a questo punto, vengono fuori solo i nomi da bruciare; non può fidarsi del tutto dei suoi alleati e deve affidarsi alla sua capacità di persuadere parlamentari fuori dal centrodestra. I principali sostenitori di B sono all’estero, in particolare i membri del Partito Popolare Europeo di cui fa parte1. I principali detrattori sono tutti in Italia. Per questo io penso che non arriverà fino alla fine, ma se dovesse riuscirci avrebbe dell’incredibile.

E intanto il paese
Scusandosi per non averlo fatto prima il premier Draghi ha spiegato le ragioni dell’obbligo vaccinale per gli over 50 in una conferenza stampa a inizio settimana. Una decisione presa “sulla base dei dati” e, ha aggiunto, non bisogna dimenticare che “gran parte dei problemi di oggi dipendono dal fatto che ci sono persone non vaccinate”.
La settimana è andata avanti con i numeri dei contagi in crescita e una forte spaccatura tra chi ritiene che le attuali restrizioni siano troppe o troppo poche. In particolare i governatori delle regioni chiedevano al governo di pubblicare il solito bollettino covid una volta alla settimana (e non ogni giorno) e di non conteggiare tra i contagiati i positivi asintomatici. Alla fine è arrivato il parere del Cts, comitato tecnico scientifico, che ha declinato entrambe le richieste. Anzi, proprio in considerazione dei numeri giornalieri la Campania passerà in zona gialla dal 17 gennaio, la Valle d’Aosta sarà la prima ad andare in arancione. Quindi da una parte resta alta la guardia per la situazione dei contagi e, soprattutto, delle ospedalizzazioni; dall’altra non ci sono ulteriori provvedimenti restrittivi oltre all’obbligo di mascherina. L’obiettivo è chiaro: far circolare il virus ora che è meno potente in modo da avvicinarci all’immunità di gregge. Meno chiaro è se questa scommessa pagherà.
David Sassoli
Questa settimana si è spento David Sassoli: che era stato eletto presidente del Parlamento europeo il 3 luglio 2019 e, molto prima, vicepresidente del TG1 nel 2006. Media e politica gli hanno tributato il dovuto cordoglio raccontandone la personalità gentile e gli alti valori democratici. Mi piace ricordarlo con un passaggio di una sua intervista in cui commentava la Risoluzione sull’importanza della memoria europea in cui si equiparavano nazismo e comunismo:
“Affiancare nazismo e comunismo è una operazione intellettualmente confusa e politicamente scorretta. E se riferita alla seconda guerra mondiale rischia di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici […] In Italia, il Pci è stato protagonista della Resistenza, della rinascita democratica del nostro Paese e del consolidamento delle istituzioni repubblicane”.
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Ricordiamo che attualmente Silvio Berlusconi è un europarlmentare.